Consulenza psicodiagnostica online per ADHD/DDAI

Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività IN ETÀ ADULTA

La diagnosi di ADHD/DDAI nell’adulto rappresenta un percorso complesso. Secondo le Linee Guida NICE 2013 (attualmente in revisione) è indispensabile raccogliere informazioni da più fonti come la famiglia, la scuola e i gruppi sociali e ricreativi, oltre all’osservazione diretta. Prima dell’età scolare è difficile riconoscere il disturbo, a causa dell’ampia variabilità comportamentale all’interno della norma.
Il disturbo deve essere iniziato durante l’infanzia e persistito per tutta la vita, non spiegato da altre diagnosi psicopatologiche. Insieme al disturbo possono esserci altre condizioni psicopatologiche coesistenti o che  lo hanno provocato o può trovarsi associato a disturbi psicologici, sociali da moderati a gravi e/o disabilità educativa o lavorativa. Pertanto, è necessaria l’attenzione nella diagnosi differenziale.
Condizioni coesistenti comuni nei bambini con ADHD sono disturbi dell’umore, della condotta, dell’apprendimento, del controllo motorio e della comunicazione e disturbi d’ansia. Negli adulti possono  includere disturbi di personalità, disturbo bipolare, disturbo ossessivo-compulsivo e abuso di sostanze. Di conseguenza, l’ADHD non può essere considerato una diagnosi categoriale.
Per poter formulare diagnosi di ADHD nell’adulto è importante valutare l’intensità dei comportamenti che devono provocare un disadattamento invalidante nel contesto sociale in relazione al livello di sviluppo e alle caratteristiche culturali dell’ambiente.
Il disturbo deve essere presente sin dall’infanzia/adolescenza, essere persistente e non transitorio per motivi di vita intercorrente. Il disturbo deve essere intenso (6/9 criteri per la disattenzione e/o 6/9 criteri per iperattività/impulsività) pervasivo, ed evidenziarsi in diversi contesti (almeno 2) con la menomazione del rispettivo funzionamento: scuola/lavoro, famiglia, ambulatorio, ecc.
Tra i fattori non genetici collegati al disturbo, abbiamo:
•    una nascita prematura e basso peso alla nascita, (prima della 37a settimana di gravidanza);
•    l’uso di alcol e tabacco da parte della madre, poiché la nicotina può causare ipossia nel feto;
•    infezioni contratte dalla madre nel periodo pre o post-natale;
•    un danno cerebrale, avuto nell’utero o successivamente, dopo una grave lesione alla testa.

Si premette che ad oggi in Italia non esistono linee guida nazionali per il DDAI nell’adulto. I dati raccolti suggeriscono che non esiste una pratica condivisa tra i centri né per quanto riguarda la transizione del paziente dai servizi per l’infanzia e l’adolescenza a quelli per l’età adulta, né rispetto al processo diagnostico-terapeutico.
Una diagnosi accurata può essere fatta solo attraverso una valutazione clinica che prenda a riferimento un’accurata anamnesi clinica del caso specifico ed i criteri diagnostici del DSM-5.
Se ti rivolgi a me (anche online) per sapere se soffri o no di questo disturbo, eseguiremo insieme una diagnosi differenziale basata sui dati raccolti attraverso:
– colloquio preliminare
– screening anamnestico e socio-adattivo con intervista strutturata
– test di personalità
– test per i disturbi psicopatologici
– valutazione diagnostica specifica per DDAI in età adulta (con la collaborazione di un familiare o partner)


A seconda delle specificità del caso, potrebbero essere suggeriti altri approfondimenti.
Dr.ssa Maria Grazia LETIZIA